000-Mars-1909.jpgMars, in the AD 190986 visiteCari Amici,
abbiamo affrontato, per quasi sette anni, il tema "Marte" da svariati angoli visuali.
Lo abbiamo osservato da Terra, dall'orbita terrestre (via Hubble), da svariati Orbiter e dalla Superficie.
Lo abbiamo analizzato, nei limiti dati dalle nostre capacità, competenze e mezzi, in mille modi diversi, ottenendo decine di migliaia di informazioni.
Spesso, tutte queste informazioni si sono rivelate intrinsecamente incongrue, e non solo a causa della nostra "limitatezza" (nel senso "umano" del termine), ma anche in ragione del fatto per cui le nostre "Fonti" (NASA ed ESA, su tutte), spesso e volentieri, hanno confuso i dati.
C'è chi ha parlato e parla di vera e propria manipolazione, chi di diversità determinate dalla tecnologia adottata o da altri fattori esterni e chi, infine, ritiene che la confusione sia solo nelle teste e negli occhi di coloro che, questi dati, si sono trovati a vederli ed esaminarli.
Ora non è questa la sede per stabilire chi abbia ragione e chi torto (probabilmente nessuno, oggi, può essere certo di aver ragione, così come nessuno, in Valore Assoluto, può definirsi sicuramente in torto).
E allora? Come uscire da questo paradosso?
Ci sono due modi, a mio parere: il primo consiste nell'andare in loco e verificare di persona.
Si, certo, sarebbe bellissimo ma...non si può. Non ancora almeno...
Il secondo modo, allora, è quello di iniziare a storicizzare i dati disponibili e quindi contestualizzarli.
In altre parole: bisogna collocare i dati nel Tempo. E cosa c'è di meglio, per far questo, se non l'andare a prendere (a proposito: Grazie di Cuore al nostro Dr Gianluigi Barca!) immagini e disegni vecchi di oltre un secolo, e quindi METTERLI IN RELAZIONE ai dati di cui disponiamo oggi?
Com'era Marte un secolo fa? Da un punto di vista Astronomico e Geologico, la domanda parrebbe alquanto stupidotta: Marte, un secolo fa, era IDENTICO (al 99,9999999...%) al Marte che vediamo oggi.
Si.
Se poi usiamo la Scala Cosmica, la domanda diventa addirittura priva di senso.
Ma noi siamo Uomini. Siamo Esseri Umani. E la Scala che dobbiamo impiegare, a volte, per provare, se non altro, a comprendere quelle che io amo chiamare Fenomenologie Trascendenti, deve essere la Scala Umana.
E nella Scala Umana, cari Amici, un secolo (o poco più) è TANTISSIMO TEMPO. E nel Tempo, specie quando è tantissimo (appunto!), le cose, ai nostri occhi e per i nostri occhi e le nostre menti, cambiano.
Cambiano in maniera eclatante.
Questo Viaggio attraverso il Marte Storico è un nuovo e piccolo contributo alla Causa della Comprensione.
E la Comprensione, si sa, non poggia (soltanto) su quello che ci viene insegnato a scuola, ma anche sulla nostra esperienza, ora diretta ed ora mediata. Sull'esperienza che acquisiamo vivendo e condividendo il Sapere.
Forse anche sulla nostra Coscienza.
Non è facile comprendere, lo so, ma è dovere dell'Uomo provare a farlo. E per arrivare su quella che è la Cima della Montagna (una montagna che è la stessa per tutti, ma la cui altezza varia da uomo a uomo) non servono nè le Professioni di Fede, nè i Diplomi di Laurea, nè i quieti silenzi e neppure le grida disarticolate.
Io non conosco la "ricetta" per giungere al Sapere Perfetto, ma posseggo un Metodo. Ed il mio contributo alla Ricerca del Sapere sta nell'offrire a Voi, Lettori, quel Metodo.
Ricerca dei Dati disponibili, Storicizzazione e Contestualizzazione, definizione di una Visione Globale ed Analisi della medesima.
Il risultato finale, per quale che sia, determina l'altezza della Montagna a cui prima facevo riferimento. E lo ripeto: la Montagna è la stessa per tutti, ma l'altezza a cui si colloca la sua Sommità varia da individuo ad individuo. C'è quindi, chi vedrà Orizzonti Lontani e chi, invece, vedrà solo altre montagne, più alte, o solamente alberi, o arbusti... O nulla del tutto.
L'importante però ed in fondo, come disse qualcuno, "non è la Destinazione, ma il Cammino".
Buon Viaggio! Dr Paolo C. Fienga - Lunar Explorer ItaliaMareKromium
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001-Schiaparelli_e_osservazioni.jpgPlanet Mars, according to Schiaparelli54 visiteNei disegni del Grande Schiaparelli si nasconde, forse, un "Mistero" che nessuno si è mai preso la briga di investigare a fondo.
Quale? In realtà ce ne sarebbero parecchi, ma noi ne vorremmo evidenziare uno su tutti: la nitidezza e l'estremo livello di dettaglio delle mappe disegnate dall'Astronomo e quanto lui poteva - umanamente ed effettivamente - vedere usando lo strumento che aveva a disposizione.
In altre parole: c'è TROPPO dettaglio e TROPPA precisione nei disegni di Schiaparelli rispetto a quanto egli potrebbe avere effettivamente osservato.
Ed a nulla valgano le obiezioni secondo cui il Grande Astronomo "approfittò al meglio" sia della vicinanza (che è sempre relativa) del Pianeta Rosso alla Terra nella Grande Opposizione del 1877, e sia delle notevoli doti naturali proprie del suo strumento e dei suoi occhi.
La verità è che neppure il Telescopio Spaziale Hubble riesce a vedere Marte con il dettaglio evidenziato dai disegni di Schiaparelli.
E allora?
E allora, delle due l'una: o Schiaparelli colmò le (evidenti e naturali) lacune insite nelle sue osservazioni con un pizzico di fantasia, oppure egli vide (anche se il "come abbia fatto" non ci è dato saperlo) il Pianeta Rosso come nessuno mai ha potuto e può.
Tertium non datur.
da "Wikipedia":"...Molto popolari presso il grande pubblico furono le osservazioni al telescopio del pianeta Marte compendiate da Schiaparelli in tre pubblicazioni: "Il pianeta Marte" (1893), "La vita sul pianeta Marte" (1895) e "Il pianeta Marte" del 1909. Durante la grande opposizione del 1877, Schiaparelli osservò sulla superficie del pianeta una fitta rete di strutture lineari che chiamò "canali". I canali di Marte divennero ben presto famosi, dando origine a una ridda di ipotesi, polemiche, speculazioni e folklore sulle possibilità che il pianeta rosso potesse ospitare forme di vita senzienti.
L'autore scriveva:
«Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più. Io ho già fatto notare altra volta, che, mancando sopra Marte le piogge, questi canali probabilmente costituiscono il meccanismo principale con cui l'acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta»
(Giovanni Schiaparelli, La vita sul pianeta Marte, estratto dal fascicolo N.° 11 - Anno IV° della rivista Natura ed Arte, maggio 1895, cap. I)
La maggior parte delle speculazioni sull'esistenza di una civiltà aliena su Marte fu favorita da un'errata traduzione in inglese del lavoro di Schiaparelli. La parola «canali» fu, infatti, tradotta con il termine «canals» invece del più corretto «channels». Mentre la prima parola indica una costruzione artificiale, il secondo termine definisce una conformazione del terreno che può essere anche di origine naturale.
L'astronomo statunitense Percival Lowell fu uno dei più ferventi sostenitori della natura artificiale dei canali marziani e condusse una dettagliata serie di osservazioni (compendiata nelle pubblicazioni: "Mars", 1895; "Mars and Its Canals", 1906; "Mars As the Abode of Life", 1908) a sostegno dell'ipotesi che i canali fossero delle imponenti opere di ingegneria idraulica progettate dai marziani per meglio gestire le scarse risorse idriche del pianeta.
Tra gli scienziati che contestarono l'esistenza dei canali, vi furono l'astronomo italiano Vincenzo Cerulli (tra i primi ad avanzare l'ipotesi che le strutture di Schiaparelli fossero illusioni ottiche come successivamente dimostrato), l'astronomo inglese Edward Walter Maunder (che condusse degli esperimenti visivi al fine di dimostrare la natura illusoria dei canali) e il naturalista inglese Alfred Russel Wallace che, nel libro "Is Mars Habitable?" (1907) criticò aspramente le tesi di Lowell affermando che la temperatura e la pressione atmosferica del pianeta erano troppo basse perché potesse esistere acqua in forma liquida, e che tutte le analisi spettroscopiche effettuate fino a quel momento avevano escluso la presenza di vapore acqueo nell'atmosfera marziana.MareKromium
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Mars_Alive.jpgWhat did we say (since a long time ago)?!?80 visiteTracce di acqua su Marte. Ce ne dà conto una nuova mappa realizzata a partire dai dati raccolti nel corso di un decennio dal Mars Express di Esa e dal Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. Entrambe le sonde sono in orbita intorno al pianeta rosso e grazie alle informazioni che ci hanno trasmesso negli anni – quella europea, ad esempio, è stata lanciata il 2 giugno 2003 dal Cosmodromo di Baikonur in Kazakistan – gli scienziati hanno creato la mappa più completa di cui disponiamo relativa ai giacimenti minerari marziani.
Si tratta di depositi di minerali idratati, quelli che in un passato remotissimo sono stati alterati dalla presenza dell'acqua, come le argille e i sali. Sapevamo che ce n’erano e le abbiamo anche osservate abbastanza da vicino grazie al rover Curiosity. Tuttavia, come spiega Science-alert, una mappa più ampia di dove poterle trovare ci concede “un’immagine più comprensiva della storia dell’acqua su Marte e ci aiuterà a pianificare future esplorazioni di un pianeta oggi asciutto e polveroso”. Ma che in passato era sensibilmente diverso: secondo la mappa, infatti, ovunque ci si diriga su Marte si scova qualcosa di interessante.
Il nuovo lavoro, guidato dallo scienziato planetario John Carter dell'Università di Parigi-Saclay e dell'università di Aix Marsiglia in Francia, ha identificato più depositi e aree d’interesse di minerali acquosi di quante se ne conoscessero. Se fino a dieci anni fa conoscevamo un migliaio di affioramenti, come spiega Media Inaf «la nuova mappa ha ribaltato la situazione, rivelando centinaia di migliaia di tali aree nelle parti più vecchie del pianeta». L’acqua ha insomma svolto un ruolo essenziale nel plasmare la geologia di un pianeta che oggi ci appare davvero così distante da un posto ricco d’acqua.
Ma la presenza dell’acqua fu persistente o episodica, limitata a una fase della storia del pianeta? Non lo sappiamo ancora perché il quadro risultante dalla nuova mappa è particolarmente complesso, fra sali che sembrano più antichi di alcune argille e zone argillose in cui vi è appunto una stretta mescolanza dei due minerali. Di certo la fase umida fu più lunga di quanto si immaginasse fino a pochi anni fa. “L’evoluzione da molta acqua a niente acqua non è così netta come pensavamo. L’acqua non si è fermata in una notte - spiega infatti Carter - vediamo un’enorme diversità di contesti geologici, così che nessun processo o semplice sequenza temporale può spiegare l’evoluzione della mineralogia di Marte. Questo è il primo risultato del nostro studio. Il secondo è che se si escludono i processi vitali sulla Terra, Marte mostra una diversità di mineralogia in contesti geologici proprio come succede sulla Terra”.
Un altro articolo, pubblicato come la mappa sulla rivista Icarus e con prima firmataria Lucie Riu dell’Institute of Space and Astronautical Science (Isas), Japanese Aerospace eXploration Agency (Jaxa), in Giappone, entra invece nel vivo della pianificazione delle missioni future su Marte sempre sulla base della stessa mappa. In particolare, per l’individuazione dei siti di atterraggio: i minerali acquosi contengono ancora molecole d’acqua e insieme al ghiaccio d’acqua sepolto possono costituire risorse da utilizzare in loco, magari per i futuri insediamenti umani. Intanto, prima delle prospettive fantascientifiche, si tratta di minerali molto interessanti da studiare: basti pensare al cratere di Jezero, dove lo scorso anno è atterrato il rover Perseverance, sito di Oxia Planum, dove atterrerà il rover dell’Esa Rosalind Franklin, costituito di antiche argille piene di minerali ricchi di ferro e magnesio di smectite e vermiculite.
Per anni si è pensato a Marte come a un pianeta morto, spento, semplicemente sferzato dal vento solare per miliardi di anni, fino a che non siamo arrivati ad esplorare la sue superficie e non abbiamo notato strani dettagli, sempre più evidenti, di una qualche attività.
Negli ultimi anni molte teorie affermano che il Pianeta Rosso sia ancora attivo e geologicamente vivo, scosso da terremoti e attraversato da tracce di magma "recente".
Ora una nuova ricerca dice che nell'enorme pianura chiamata Elysium Planitia un colossale pennacchio di convezione largo 4.000 chilometri nel mantello marziano potrebbe spingere il magma fuso fino alla superficie.
"I nostri risultati dimostrano che l'interno di Marte è geodinamicamente attivo oggi", scrivono i geofisici planetari Adrien Broquet e Jeffrey Andrews-Hanna dell'Università dell'Arizona.
"Sebbene Marte sia più piccolo della Terra, si prevede la formazione di teste di pennacchio altrettanto grandi data la minore gravità e la maggiore viscosità del mantello marziano", hanno spiegato.
"Il centro della testa del pennacchio più adatto, basato esclusivamente sui dati di gravità e topografia, si trova esattamente al centro del Cerberus Fossae, dove sono stati localizzati sia il recente vulcanismo che la maggior parte dei terremoti".
Questo sistema di fessure è stato osservato dai satelliti e ha rivelato prove di depositi superficiali vulcanici di 50.000 anni. Ci sono state alcune altre osservazioni strane. Il campo gravitazionale locale dell'Elysium Planitia, ad esempio, è insolitamente forte, coerente con una sorta di attività sotterranea.
Così Broquet e Andres Hanna hanno raccolto dati topografici, gravitazionali, geologici e sismici e si sono messi alla ricerca di un modello adatto.
"L'attività in corso del pennacchio dimostra che Marte non è solo sismicamente e vulcanicamente attivo oggi, ma possiede anche un interno geodinamicamente attivo", hanno scritto i due ricercatori.
"Un pennacchio sotto Elysium Planitia indica anche che i flussi vulcanici superficiali e l'attività sismica non sono eventi isolati, ma parte di un sistema regionale di lunga durata, sostenuto attivamente, con implicazioni per la longevità e il potenziale astrobiologico degli ambienti abitabili del sottosuolo".MareKromium
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