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Risultati della ricerca nelle immagini - "natural" |

0-AS12-47-7006HR-2.jpgfrom AS 12-47-7006 (HR)69 visiteQuesta nuova Galleria, curata dal Dr Gianluigi Barca, è dedicata - in un certo senso - ad una delle maggiori e più importanti "Fonti di Sviste": i "Photo-Artifacts" (anche noti come "Image-Artifacts").
Ma che cosa sono i Photo(graphic) Artifacts? Sono vizi "fisici" dei frames (derivanti, p.e., da errata conservazione e/o sviluppo delle pellicole originali; da errori occorsi durante la fase di digitalizzazione dei negativi originali - vizi di compressione inclusi - e/o da errori e vizi di trasmissione delle immagini "via satellite" - exx.: noise; dead-pixels; missing pixels; cosmic rays etc.) i quali, negli anni, hanno generato delle impressionanti sviste le quali, nel tempo (e con l'aiuto di tanta Fantasia) hanno creato un imprecisato - ma pure impressionante - numero di "favole & leggende" (Lunari, Marziani e dello Spazio Profondo).
Legenda: P.P.A. o P.I.A. (Plain Photo Artifact o Plain Image Artifact); D.O.F. (Damaged Original Film); S.I.I.A. (Super Imposed Image Artifact); S. (Scratch); H&D (Hair & Dust); L.F. (Lens Flare); D.L. (Damaged Lens); N (Noise); C.A. (Compression Artifact); D.P. o M.P. (Dead Pixel e Missing Pixel); C.R. (Cosmic Ray); U.O. (Unknown/Unidentified Origin).
Ed ora...Buona "caccia"! (e naturalmente i Vostri commenti saranno MOLTO apprezzati!)MareKromium
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0-Saturn and Friends.jpgSaturn and His Moons192 visiteThe dozens of moons orbiting Saturn vary drastically in shape, size, age and origin. Some of these moons have rocky surfaces, while others are porous, icy bodies. Many have craters, ridges and valleys and some show evidence of tectonic activity. Some appear to have formed billions of years ago, while others appear to be pieces of a bigger, fragmented body. The most interesting one is Titan, the biggest of them all. Larger than Earth's Moon, Titan even has its own thick atmosphere - the only natural satellite in the Solar System with such a luxury. During its 4-year mission in this immense region, the Cassini spacecraft will extensively photograph many of these moons and collect data that will increase our understanding of their composition.
To date, 34 moons have been officially named. In alphabetic order, they are: Albiorix, Atlas, Calypso, Dione , Enceladus, Epimetheus, Erriapo, Helene, Hyperion, Iapetus, Ijiraq, Janus, Kiviuq, Methone, Mimas, Mundilfari, Narvi, Paaliaq, Pallene, Pan, Pandora, Phoebe, Polydeuces, Prometheus, Rhea, Siarnaq, Skadi, Suttung, Tarvos, Telesto, Tethys, Thrym, Titan and Ymir.
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00-Titan.JPGTitan in possible True Colors (credits: NASA)57 visiteAttraverso l’oculare di un (anche) modesto telescopio, Titano, il più grande satellite naturale del pianeta Saturno, appare come un corpo puntiforme che splende debolmente di un delicato color giallo-pallido.
Si tratta di un oggetto celeste reso affascinante dalla sua posizione – apparentemente assai prossima – rispetto al Gigante Anellato (la sua distanza angolare da Saturno non supera mai i 20 raggi saturniani), ma certo non si può dire che Titano, in sé, riesca a suggerire particolari interessi e curiosità visive, anzi: nessun rilievo superficiale di questo Mondo, infatti, risulta discernibile nelle osservazioni effettuate da Terra (nemmeno usando le più sofisticate ed avanzate tecniche fotografiche) e, come abbiamo appreso grazie alle immagini ottenute dalle Sonde Voyager prima e dall’Orbiter Cassini poi, anche da distanza (relativamente) ravvicinata questo mondo risulta alquanto indecifrabile (anche se occorre dire che, già dalla metà degli Anni ’70, l’effettuazione di una serie di osservazioni ripetute di Titano – effettuate usando i più grandi telescopi terrestri al tempo disponibili – aveva, peraltro correttamente, suggerito agli Astronomi una sostanziale NON uniformità, in termini di albedo, della sua superficie la quale venne ben interpretata, sin d’allora, come indice della possibile presenza di aree superficiali sensibilmente disomogenee ed equiparabili a continenti).
MareKromium
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00-VictoriafromMRO.jpgVictoria Crater, from MRO (natural colors)191 visiteQuesto (spettacolare) frame lo potete trovare, in "Approximate True Colors", anche sui Siti NASA dedicati alle Missioni Mars Reconnaissance Orbiter, Opportunity e sul NASA Planetary Photojournal.
Noi, dopo aver valutato le immagini a colori della Regione di Meridiani (sia ottenute dal suolo, sia orbitali), abbiamo concluso che questo frame è stato elaborato non solo in falsi colori, ma "a tavolino", usando un Programma tipo "Paint" o "Photoshop".
Ciò premesso, abbiamo prima decolorizzato il frame NASA Originale e quindi lo abbiamo raffinato e ricolorizzato usando un nostro modestissimo software.
Risultato (che potrete verificare Voi stessi avendo solo un pizzico di pazienza e quindi ponendo a confronto il frame "NASA Originale" con questo): la densità cromatica del frame elaborato da noi è finalmente omogenea (con colori credibili e congrui rispetto ai colori visibili "dal suolo") ed il frame, qualora sottoposto a stretching, non si sgrana (come invece accade al frame NASA Originale).
Attenzione: noi non stiamo dicendo che "siamo più bravi" della NASA! Stiamo solo dicendo che la NASA, per motivi che preferiamo non commentare, "pasticcia" il suo stesso lavoro.
Pensateci sopra...MareKromium
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000-SOL611-2P180578086EFFAEM9P2738L1M1.jpgMartian Horizon, at different times of the day (1) - the original frame, from Sol 611160 visiteQualche parola per spiegare il senso del "Real Mars in Real Colors": come sapete, non c'è Studioso o Appassionato della Materia che non abbia detto la sua, su questa (solo in apparenza oziosa) querelle, nata - come quasi tutte le querelles in questo campo - da un comportamento anomalo della NASA la quale, dopo il Mars Landing della Sonda Viking Lander 1 (20 Luglio '76), ebbe la curiosa idea di rilasciare al Pubblico svariate immagini Marziane le quali però erano "troppo terrestri" per poter essere accolte con misura e tranquillità.
Il Marte visto dal Viking Lander 1, infatti, ci mostrava un cielo di color celeste chiaro verso l'orizzonte e che andava via-via scurendosi (sino a diventare quasi nero allo Zenith) a mano a mano che si alzava lo sguardo (un effetto, questo, causato dalla tenuità dell'atmosfera Marziana).
Il suolo appariva color marroncino-rossiccio, con chiazzature di altri colori.
"E questo sarebbe il Pianeta Rosso?!?", tuonò l'Opinione Pubblica, "che ne è stato del Pianeta Rosso? Ridateci il Pianeta Rosso!!!".
Detto e fatto: nel volgere di soltanto 36 ore, le immagini Viking "in colori naturali" (oggi quasi introvabili) che ci mostravano il "vero" Marte (ossìa quello che, con buona approssimazione, vedremmo con i nostri occhi se fossimo lassù), sparirono dalla circolazione e vennero soppiantate da quelle che conoscete: il suolo è diventato rosso vivo ed arancione (a volte) o giallastro e verde (altre volte); il cielo, invece, va dal giallo (o "butter-scotch", a volte) all'arancio (altre volte) e sino al verdastro scuro (altre volte ancora). Ma non mancano - va detto per onestà di cronaca - immagini in cui il cielo di Marte appare rosa, o blu scuro, o - semplicemente - grigio.
In questo (assurdamente caotico) scenario, come ovvio, ogni Scienziato ed ogni Ricercatore si è sentito in diritto/dovere di dire la propria e, come ovvio, di mostrare la propria visione di Marte al Mondo.
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0002.jpgMartian "Roswell"? (ctx frame - High-Def-3D; credits: Dr M. Faccin & Lunar Explorer Italia)158 visiteIl rilievo superficiale anomalo che andremo a visionare adesso è, almeno a parer nostro, il più "curioso" fra tutti quelli sino ad ora identificati.
La ripresa avviene da quasi 300 Km di altitudine e, nella versione ad Altissima Definizione del frame che Vi proponiamo, l'Oggetto che ha attratto l'attenzione del nostro Marco Faccin si manifesta come una sorta di disco - in un frame successivo Vi dimostreremo che si tratta di un cerchio quasi perfetto - il quale, tuttavia, non mostra alcuna apparenza metallica ma, al contrario, condivide la texture ed il colore dell'ambiente ad esso circostante.
Sarà a causa di una sorta di "camouflage"?!? Forse. O forse no. A seguito delle analisi che abbiamo svolto (basandoci, come ovvio, su quanto mostrato dai frames in nostro possesso e quindi contestualizzando il dettaglio) la nostra impressione è che stiamo osservando una "componente" del suolo. Un qualcosa che accede alla superficie e ne condivide la texture ed il colore ma che, nel contempo, si distacca e si distingue da essa, differenziandosi.
Non è un cratere, naturalmente (altrimenti il dettaglio non sarebbe in questa sezione) e, come vedrete nei details mgnf che seguono, si tratta effettivamente di un disco roccioso (?), leggermente inclinato sul piano del suo orizzonte locale (l'inclinazione si nota anche nel frame bidimensionale in quanto ha generato una piccola ombra).
L'origine e gli scopi - ammesso che ne esistano - di una siffatta Surface Feature, sono sconosciuti.MareKromium
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001-SOL611-A~0.jpgMartian Horizon, at different times of the day (2)145 visiteQual'è il "vero volto" di Marte, quindi? Quello che ci mostra la NASA, con tutti i suoi sbalzi cromatici schizofrenici ed inspiegabili, o quello che la maggior parte dei Ricercatori Moderati ci propongono, e che vuole il Pianeta Rosso assai poco rosso e più orientato verso le tinte fredde per quanto attiene il cielo (e diciamo che si va dal celeste pallido al blu intenso), mentre la superficie viene ritenuta - a seconda della Regione considerata - di colorazione in prevalenza marroncina, con variazioni gialle ed arancioni nelle aree più polverose e con tendenze al grigio ed azzurro nelle zone prossime ai Poli?
Ebbene, la nostra idea è che non si può optare per una delle due teorie "così, a simpatia", poichè, con ogni probabilità, sono entrambe (in parte) sbagliate. Per arrivare ad una (almeno sommaria) definizione del problema, a nostro avviso occorre operare una serie di assunzioni e quindi regolarsi di conseguenza. L'atmosfera di Marte, ad esempio, è certamente sottile e rarefatta, ma non tanto quanto la NASA ci dice e tenta di dimostrare. Essa potrebbe essere abbastanza densa da provocare una (certo non eclatante) diffusione della luce del Sole e quindi produrre un Rayleigh-effect in tono minore. Ed a proposito del Sole, non dimentichiamo che esso, dalla superficie di Marte, ci apparirebbe di poco più di 1/3 più piccolo (in termini di diametro apparente) rispetto a come lo vediamo dalla Terra.
La distanza media Sole-Marte la conoscete (è di circa 230 MKM): come non ipotizzare, nella costruzione del nostro "colore vero" di Marte, l'esistenza di una luminosità dell'aria largamente inferiore a quella che esiste sulla Terra?
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001-Schiaparelli_e_osservazioni.jpgPlanet Mars, according to Schiaparelli53 visiteNei disegni del Grande Schiaparelli si nasconde, forse, un "Mistero" che nessuno si è mai preso la briga di investigare a fondo.
Quale? In realtà ce ne sarebbero parecchi, ma noi ne vorremmo evidenziare uno su tutti: la nitidezza e l'estremo livello di dettaglio delle mappe disegnate dall'Astronomo e quanto lui poteva - umanamente ed effettivamente - vedere usando lo strumento che aveva a disposizione.
In altre parole: c'è TROPPO dettaglio e TROPPA precisione nei disegni di Schiaparelli rispetto a quanto egli potrebbe avere effettivamente osservato.
Ed a nulla valgano le obiezioni secondo cui il Grande Astronomo "approfittò al meglio" sia della vicinanza (che è sempre relativa) del Pianeta Rosso alla Terra nella Grande Opposizione del 1877, e sia delle notevoli doti naturali proprie del suo strumento e dei suoi occhi.
La verità è che neppure il Telescopio Spaziale Hubble riesce a vedere Marte con il dettaglio evidenziato dai disegni di Schiaparelli.
E allora?
E allora, delle due l'una: o Schiaparelli colmò le (evidenti e naturali) lacune insite nelle sue osservazioni con un pizzico di fantasia, oppure egli vide (anche se il "come abbia fatto" non ci è dato saperlo) il Pianeta Rosso come nessuno mai ha potuto e può.
Tertium non datur.
da "Wikipedia":"...Molto popolari presso il grande pubblico furono le osservazioni al telescopio del pianeta Marte compendiate da Schiaparelli in tre pubblicazioni: "Il pianeta Marte" (1893), "La vita sul pianeta Marte" (1895) e "Il pianeta Marte" del 1909. Durante la grande opposizione del 1877, Schiaparelli osservò sulla superficie del pianeta una fitta rete di strutture lineari che chiamò "canali". I canali di Marte divennero ben presto famosi, dando origine a una ridda di ipotesi, polemiche, speculazioni e folklore sulle possibilità che il pianeta rosso potesse ospitare forme di vita senzienti.
L'autore scriveva:
«Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più. Io ho già fatto notare altra volta, che, mancando sopra Marte le piogge, questi canali probabilmente costituiscono il meccanismo principale con cui l'acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta»
(Giovanni Schiaparelli, La vita sul pianeta Marte, estratto dal fascicolo N.° 11 - Anno IV° della rivista Natura ed Arte, maggio 1895, cap. I)
La maggior parte delle speculazioni sull'esistenza di una civiltà aliena su Marte fu favorita da un'errata traduzione in inglese del lavoro di Schiaparelli. La parola «canali» fu, infatti, tradotta con il termine «canals» invece del più corretto «channels». Mentre la prima parola indica una costruzione artificiale, il secondo termine definisce una conformazione del terreno che può essere anche di origine naturale.
L'astronomo statunitense Percival Lowell fu uno dei più ferventi sostenitori della natura artificiale dei canali marziani e condusse una dettagliata serie di osservazioni (compendiata nelle pubblicazioni: "Mars", 1895; "Mars and Its Canals", 1906; "Mars As the Abode of Life", 1908) a sostegno dell'ipotesi che i canali fossero delle imponenti opere di ingegneria idraulica progettate dai marziani per meglio gestire le scarse risorse idriche del pianeta.
Tra gli scienziati che contestarono l'esistenza dei canali, vi furono l'astronomo italiano Vincenzo Cerulli (tra i primi ad avanzare l'ipotesi che le strutture di Schiaparelli fossero illusioni ottiche come successivamente dimostrato), l'astronomo inglese Edward Walter Maunder (che condusse degli esperimenti visivi al fine di dimostrare la natura illusoria dei canali) e il naturalista inglese Alfred Russel Wallace che, nel libro "Is Mars Habitable?" (1907) criticò aspramente le tesi di Lowell affermando che la temperatura e la pressione atmosferica del pianeta erano troppo basse perché potesse esistere acqua in forma liquida, e che tutte le analisi spettroscopiche effettuate fino a quel momento avevano escluso la presenza di vapore acqueo nell'atmosfera marziana.MareKromium
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0015.jpgMartian Paved Road (High-Def-3D; credits: Dr M. Faccin & Lunar Explorer Italia)222 visiteAnche questa Surface Feature, a nostro avviso, farebbe la felicità di tantissimi Eso-Archeologi: essa è così ovvia da non necessitare di ingrandimenti e/o di ulteriore processing migliorativo.
Inforcate gli "occhialini" e guardate: è una (sorta di) strada, ben pavimentata e dalle dimensioni (in larghezza) assolutamente costanti e quasi regolari; essa giace poco al di sotto del piano dell'Orizzonte Locale (in altre parole, si tratta di una "strada/sentiero" scavata/o nella superficie e non sulla superficie - si osservi la barra rossa che ci fornisce un'idea del dislivello fra il piano dell'orizzonte ed il piano stradale).
Dopo un'analisi accurata delle sue fattezze, l'unica certezza che abbiamo ricavato è che anche questa Surface Feature - se vogliamo restare neutri e pragmatici - potrebbe essere quel che rimane di un antico canale di drenaggio (i suoi profili esterni sono così dolci e smussati da farci ragionevolmente supporre che, in un tempo lontano, all'interno di questo canale scorresse dell'acqua.
Domanda: ma si tratta di un canale naturale o artificiale? Beh, questo - dopo aver guardato bene il frame - decidetelo Voi...MareKromium
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002-SOL611-B.jpgMartian Horizon, at different times of the day (3)157 visiteE che dire poi della famigerata Opacità Atmosferica (O.A.)?
Quanto può influire questa O.A. NON SOLO sulla diffusione della luce solare in arrivo - in primis - ma anche in termini di abbattimento della stessa (e quindi di abbattimento della luminosità media dell'ambiente Marziano superficiale)?
In altre parole: se l'atmosfera di Marte è realmente ricca di polveri (ferrose?) sottilissime in sospensione, come ignorare il fatto che esse non solo esercitano un effetto "filtro" sulla luce solare (simile a quello che accade sulla Terra nelle giornate di nebbia intensa, ma posizionata ad alcune decine di metri dal suolo), ma anche la riducono sensibilmente? E non è tutto: noi sappiamo, infatti, che l'O.A. non è costante (essa è funzione di svariate variabili, fra cui evidenziamo la presenza ed intensità di venti) e quindi, a logica, dobbiamo anche supporre che questi effetti cambino sia la loro misura, sia la loro incidenza sull'ambiente nell'arco del giorno marziano.
Inutile dire che potremmo andare avanti elencando altre "n" variabili da tenere in considerazione, ma non è questa la sede.
Qui, in questa Nuova Sezione di Lunar Explorer Italia, noi vogliamo solo ricordare e ricordarVi che le due posizioni maggiori esistenti su questo spinoso argomento, poggiano entrambe su presupposti non diciamo errati ma...incompleti.
Noi riteniamo che le caratteristiche cromatiche di Marte, per come lo vedrebbe un occhio umano, condividono entrambe le "nature estreme" che, su questo tema, si stanno fronteggiando da decenni. Marte, forse, non è il Pianeta Rosso dell'Immaginario Collettivo, ma resta un dato di fatto (e basta prendere un telescopio ed osservarlo per rendersene conto): esso è, in larga prevalenza, color arancio vivo. Come ignorare questo dato (visibile a TUTTI ed in TEMPO REALE!) nella ricostruzione dei colori "veri" dell'ambiente Marziano?
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002-vg2_2670443~0.jpgApproaching Uranus...in natural colors74 visitenessun commento
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0021.jpgUnusual White "V-Shaped" Surface Feature (edm; High-Def-3D; credits: Dr M. Faccin & Lunar Explorer Italia)201 visiteL'avvicinamento al dettaglio controverso non ci è purtroppo di grande aiuto per capire "che cosa" stiamo guardando, ma la tridimensionalità ci permette di evidenziare qualche aspetto "certo":
1) si tratta di un profilo/rilievo (Surface Feature) assolutamente reale (non è un'ombra, non è un image-artifact e non è una Struttura Effimera);
2) la "V" che ci appare è la porzione superiore di un rilievo parzialmente infossato (è una sorta di "cresta" che emerge dal suolo) la cui porzione maggiore è immersa nell'ombra;
3) il rilievo controverso giace sul fianco di una leggera depressione naturale a forma di conchiglia la quale SEMBRA un cratere ma non lo è (e se si trattasse di un cratere, allora esso è talmente degradato che i suoi tratti distintivi essenziali - l'Outer Rim, su tutti - sono ormai indistinguibili);
4) l'albedo e la texture della "V" è la stessa dei profili esterni alla depressione su cui il rilievo si stende e quindi, da un punto di vista geologico, dobbiamo ritenere che il materiale che forma la "V" è dello stesso tipo (medesima natura) di quello che si trova nei suoi dintorni;
5) l'area scura che caratterizza il fondo della depressione non è un'ombra: è materiale scuro (sabbia, forse fango).
Oltre non possiamo andare, purtroppo...MareKromium
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